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Adolescence su Netflix: uno specchio crudo sulla distanza generazionale e le sfide degli adolescenti di oggi

Guardare Adolescence su Netflix è stata un’esperienza che lascia il segno. Non solo per la narrazione intensa e realistica, ma soprattutto per il modo in cui la serie riesce a mettere a nudo uno dei problemi più sottovalutati dei nostri tempi: il profondo scollamento tra il mondo degli adulti e quello degli adolescenti.

Un muro invisibile ma tangibile separa le due realtà. Da una parte ci sono genitori e insegnanti spesso incapaci di comprendere il contesto in cui crescono i ragazzi oggi. Dall’altra parte ci sono giovani che si trovano a dover affrontare quotidianamente pressioni, aspettative e dinamiche sociali che le generazioni precedenti non hanno mai vissuto — né, forse, potrebbero mai immaginare.

Il mito dell’adolescenza “universale”

Quante volte ci rivolgiamo ai nostri figli con l’idea, anche inconsapevole, che la loro adolescenza sia in fondo simile alla nostra? Lo facciamo con le migliori intenzioni, convinti che l’esperienza possa bastare a guidarli. Ma i tempi sono cambiati — profondamente.

Oggi i ragazzi crescono in una realtà dove l’apparenza spesso conta più dell’autenticità. Dove la felicità non è solo un obiettivo, ma un dovere da ostentare pubblicamente sui social. Ogni emozione deve essere filtrata, ogni pensiero misurato in funzione della reazione che potrebbe generare online.

Un mondo senza desiderio

Il filosofo Umberto Galimberti lo ha spiegato in modo disarmante: i giovani di oggi vivono in un contesto in cui “manca il desiderio, perché ogni cosa è già a disposizione, ancor prima di aver avuto il tempo di immaginarla.” In un mondo dove tutto è accessibile con un click, si perde il senso dell’attesa, del sogno, della conquista.

E così anche l’affettività e il rapporto con l’altro diventano concetti svuotati, parole lontane che fanno fatica a trovare spazio tra notifiche, like e contenuti usa e getta.

La fragilità dietro lo schermo

Ciò che resta è una fragilità silenziosa, spesso invisibile agli occhi degli adulti. Una fragilità che può trasformarsi in chiusura, isolamento, oppure in comportamenti aggressivi o autodistruttivi. Perché quando non c’è un luogo sicuro dove esprimere ciò che si prova, l’unica valvola di sfogo diventa l’eccesso.

E allora arrivano le challenge pericolose, i contenuti estremi, la ricerca disperata di una visibilità che possa colmare il vuoto lasciato da un mondo che non ascolta. Termini come social, challenge, farmare diventano parte di un lessico quotidiano, ma quanti di noi adulti possono dire di comprenderne davvero il significato profondo?

Cosa possiamo fare come adulti?

Il primo passo è smettere di giudicare e iniziare ad ascoltare. Non con l’idea di offrire soluzioni immediate, ma con la volontà sincera di comprendere. Accettare che il nostro modo di vivere l’adolescenza non è applicabile a quello dei nostri figli è già un grande passo verso un dialogo autentico.

L’adolescenza non è mai stata facile, ma oggi è più complessa che mai. E Adolescence, la serie Netflix, ci ricorda che ignorare questa complessità significa lasciare i ragazzi soli, in balia di un mondo che cambia alla velocità di un algoritmo.

Conclusione

In un’epoca in cui la comunicazione sembra essere ovunque, il vero problema è che spesso non ci si capisce. Ed è proprio per questo che serie come Adolescence sono fondamentali: perché ci costringono a riflettere, a fare un passo indietro, e a chiederci — con onestà — se siamo davvero pronti ad accompagnare i giovani in questo viaggio tanto fragile quanto potente che è la loro crescita.

Jacopo


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